Trent’anni or sono Diego Armando Maradona esordiva con la maglia azzurra. Acquistato dal Barcellona per 13 miliardi, Napoli sperava di aver trovato un grande giocatore e si ritrovò al San Paolo il più grande calciatore di tutti i tempi. Era il 16 settembre del 1984, il Napoli affrontava il Verona in trasferta, l’Hellas dei miracoli guidato da Osvaldo Bagnoli che porterà a casa il tricolore. Sugli spalti uno dei primi striscioni razzisti rivolti ai napoletani, un “Benvenuti in Italia” simbolo di un ignoranza senza tempo, la cui attualità è paradossalmente testimone di una triste arretratezza. Uno striscione che sbeffeggiava un popolo che in campo aveva chi, di li a poco, avrebbe dato alla loro città un’identità, non solo nazionale, ma planetaria. Erano i primi passi di un amore senza tempo, di quelli impossibili da spiegare, ossessivi, inconcepibili agli occhi di chi non ne è coinvolto ma che tanto vorrebbe viverli.Un sentimento che non si è mai spento e che tutt’ora è palpabile tra i vicoli della città, dissacrante agli occhi di San Gennaro e dei turisti increduli. Come poteva un Santo Patrono capace di sciogliere il suo sangue ad anni alterni, reggere il confronto con il dio del calcio, capace, ogni domenica, di far sciogliere il sangue di milioni di tifosi con una semplice finta? 16 settembre 2014, sono trascorsi trent’anni, e le domeniche faticano ad essere paragonabili a quelle di qualche decennio fa, ma Diego e Napoli sono legati da un legame indissolubile, che tempo e delusioni non possono intaccare. Maradona non è a Dubai, non è in Argentina, o in qualche altra parte del mondo…Il dio del calcio non ha mai lasciato Napoli.
Antonio Agnese