Marco Laraspata – Nulla la cartella di pagamento se la notifica è avvenuta dopo cinque anni trattandosi di crediti erariali come Irpef e Iva e non sono stati inviati atti interruttivi.Tutti i crediti erariali come Iperf e Ivasi prescrivono in cinque anni, anche se la cartella esattoriale, che ne intima il pagamento, è divenuta definitiva perché non impugnata dal contribuente. Irpef e Iva, infatti, così come tutti i crediti erariali, vanno pagati dai cittadini con cadenza annuale e, per tali ipotesi, il codice civile [1] stabilisce la prescrizione di cinque anniÈ questo l’importantissimo chiarimento che esce fuori da una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Avellino [2] che, di certo, farà discutere. La pronuncia non è del tutto isolata e si inserisce in un filone che, sebbene minoritario, è sempre più condiviso dai tribunali di primo e secondo grado.Cosa deve fare, dunque, il contribuente che riceve una richiesta di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate o una cartella di pagamento per debiti Iva o Irpef o Irap o altri crediti erariali? La questione è ancora dibattuta. La Cassazione e la gran parte dei tribunali restano ancorati alla tesi della prescrizione in 10 anni. Ma c’è anche chi condivide l’interpretazione della CTP di Avellino: tra questi la CTR Catanzaro[3], la CTP di Reggio Calabria [4] e CTP Messina [5].Stando a quest’ultimo filone giurisprudenziale, il contribuente che riceve una cartella di pagamento dopo cinque anni dall’intimazione inviata dall’Agenzia delle Entrate o a cui, sempre dopo cinque anni, viene notificato un pignoramento, un fermo o un’intimazione di pagamento dalla precedente cartella esattoriale dovrebbe ritenersi libero dall’obbligo di pagamento.Sino ad oggi nessuno ha messo in dubbio che le imposte locali si prescrivano in cinque anni. Imu, Tasi, Ici, Tari (imposta sui rifiuti), Tosap, ecc. sono imposte che vanno pagate ogni anno e, a riguardo, il codice civile dispone che «tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi» cade in prescrizione dopo cinque anni. Ora, secondo la sentenza in commento, non vi è ragione di differenziare l’Iva o l’Irpef rispetto alle predette imposte percepite dai Comuni poiché, a parte la titolarità del credito (l’una dello Stato, l’altra degli enti locali), non vi sono ragioni di sostanziale diversificazione. Ogni contribuente sa che ogni anno deve pagare l’imposta sui redditi e, se titolare di attività commerciale, anche l’Iva. Dunque, anche per Iva e Irpef la prescrizione non può che essere quinquennale.Infatti nelle due principali imposte erariali (imposte dirette e Iva), il debito di imposta sorge, “annualmente”, a seguito della dichiarazione che ogni soggetto passivo deve effettuare appunto “annualmente”. Per le imposte dirette la legge [6] stabilisce che l’imposta è dovuta per anni solari e, quindi, ogni anno. Ne discende che, sia pure in presenza di relativi presupposti, l’imposta diretta deve essere pagata periodicamente a seguito di una generale previsione legislativa che stabilisce regole valide ed efficaci per ogni anno futuro. Non sembra – aggiungere la sentenza in commento – che la periodicità del pagamento delle imposte dirette e dell’Iva possa essere messa in dubbio solo perché annualmente occorre un’operazione di determinazione del dovuto (la dichiarazione dei redditi): sia perché – si ribadisce – la stessa determinazione avviene secondo dei criteri prestabiliti dalla norma, sia perché non è questa che qualifica il tipo di obbligazioni.
Ne discende che la cartella esattoriale, il sollecito di pagamento, il preavviso di fermo o di ipoteca nonché il pignoramento notificato dopo cinque anni dal precedente atto che si riferisca a una richiesta di versamento dell’Iva, Irpef, Irap o altre imposte erariali è da considerarsi oramai prescritto.
note
[1] CTP Avellino, sent. n. 267/2017.
[3] CTR Catanzaro sent. n. 173/16.
[4] CTP Reggio Calabria, sent. del 16.04.2014. “Nelle due principali imposte erariali (imposte dirette ed IVA) il debito di imposta sorge, annualmente, a seguito della dichiarazione che ogni soggetto passivo deve effettuare appunto “annualmente”. Per le imposte dirette ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600: lo stesso articolo 7 del D.P.R. n. 917 del 1986 (anche nella novella posta dal D.Lgs. n. 344 del 2003) recita che l’imposta è dovuta per anni solari e, quindi, ogni anno. Ne discende che, sia pure in presenza dei relativi presupposti, l’imposta diretta deve essere pagata “periodicamente” a seguito di una generale previsione legislativa che stabilisce regole valide e efficaci per ogni anno futuro. (C.T.P. Milano 20.11.2004 n. 207). Lo stesso dicasi per la dichiarazione annuale relativa all’I.V.A. (imposta della presente fattispecie) in cui il presupposto del tributo nasce anche trimestralmente ma la dichiarazione è unica: quindi perfettamente rientrante nella disposizione codicistica di cui all’art. 2948 n. 4 c.c..”
[5] CTP Messina, sent. n. 512/13/2013.
[6] Art. 1 dPR n. 600/1973 e art. 7 dPR n. 917/1986