Fatture pagate in ritardo dalla pubblica amministrazione: spettano gli interessi moratori?


AICOM

Marco Laraspata – Ho emesso quattro fatture alla PA che sono state pagate con 208/209/117/109 giorni di ritardo (tenendo conto dei 60 gg). Ovviamente il fatto ha causato grave danno (in primis con il lievitare di interessi bancari data la mia conseguente impossibilità a rientrare nei fidi). Da una simulazione con software risulterebbe un totale di € 1961,00 di mora. C´è modo di ottenere un rimborso? Se si, quale sarebbe la procedura?La normativa di riferimento è il decreto legislativo n. 231 del 2002, relativo ai ritardi di pagamenti nelle transazioni commerciali che, dal gennaio 2013, si è riconosciuto applicabile anche ai rapporti tra imprese e pubbliche amministrazioni. La legge per le transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione stabilisce, infatti, che le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a trenta giorni, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto, o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini non possono essere superiori a sessanta giorni. Ad ogni modo, il lettore avrà diritto alla corresponsione degli interessi moratori sull’importo dovuto ameno che la Pubblica Amministrazione non dimostri che il ritardo nel pagamento del prezzo sia stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a loro non imputabile. Diversamente, il lettore potrà agire per il recupero degli interessi, oltre che per il rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte.Tuttavia, è necessario premettere che, con riguardo ai debiti pecuniari delle pubbliche amministrazioni, la natura  dell’obbligazione (debito chiedibile, e non portabile)comporta che il ritardo nel pagamento non determina automaticamente gli effetti della mora, così come previsto dalla legge ai sensi dell’art. 1219 c.c., comma 2, n. 3, occorrendo invece – affinché sorga la responsabilità da tardivo adempimento con conseguente obbligo di corresponsione degli interessi moratori e di risarcimento dell’eventuale maggior danno – la costituzione in mora mediante intimazione scritta (tra le tante, Cass. n. 19320/2005, n. 5066/2009).Pertanto, il lettore non potrà invocare il diritto agli interessi moratori a decorrere da una data precedente a quella della costituzione in mora, che può essere individuata nella notifica della citazione in giudizio o in una precedente e specifica messa in mora (Cassazione civile, sez. I, 25/09/2015, n. 19084).Nel caso specifico, quindi, il calcolo degli interessi moratori doveva essere effettuato dal giorno della messa in mora, se effettuata, o – diversamente – non potrà essere richiesto alcun interesse, stante il pagamento ricevuto. In merito al grave danno subito (fidi), questo potrà essere richiesto sulla base dell’art. 1224 c.c.(norma sul maggior danno), secondo cui al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. In questo caso, prima di un’intimazione – e successiva introduzione di un giudizio – occorrerà quantificare i danni (sanzioni e interessi bancari subiti, oltre che eventuali fidi non concessi per precedenti ritardi nei pagamenti), per poi determinare la futura domanda giudiziale. Solo in un secondo momento, potrà valutarsi l’opportunità di iniziare una causa civile per la richiesta di risarcimento danni.

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